MM3, in tutti i laghi... in tutti i fiumi

Ok, mercoledì Facebook ha avuto il più grande down degli ultimi quattro anni. Per ben due ore e mezza, gran parte del pianeta è stata impossibilitata ad accedere al social network. Dopo il primo infarto il pericolo sembrava passato. Ieri la cosa si è ripetuta. Un messaggio sugli schermi di metà dei pc del pianeta, peggiore di un annuncio funebre: Service Unavailable DNS Failure.
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Riprendendo le riflessioni iniziate nel post precedente, un primo passaggio che leghi il mondo Social a quello e-commerce è certamente la creazione di pagine vetrina all’interno magari delle Official Page del brand. Un luogo 2.0 in cui, oltre a mostrare i prodotti, si concede agli utenti la possibilità di esprimere delle opinioni piuttosto che di segnalare ai propri amici/contatti quelli che ritiene più interessanti. Questo step poi può concludersi con un bottone che semplicemente rimanda al vero e proprio e-shop esterno in cui eventualmente tramutare la scelta d’acquisto definita online in acquisto a tutti gli effetti. Un esempio di questo primo step è quello dell’e-shop di Threadless, noto produttore di magliette.
In modo intermedio si colloca la possibilità di utilizzare Facebook come interfaccia di prenotazione del prodotto. Caso interessante quello del gruppo alberghiero Monte Carlo SBM, che da qualche mese ha attivato un sistema di prenotazione degli hotel e dei ristoranti della catena direttamente dalla propria pagina di Facebook, cliccando sulla voce “Book now tab”. Un sistema ancora più semplice e veloce rispetto al tradizionale booking online.
Infine, e questo potrebbe rappresentare il vero motore del cambiamento delle abitudini di consumo degli utenti, c’è l’utilizzo della pagina come un vero e proprio e-shop, che permette di iniziare e concludere l’acquisto all’interno di Facebook. Uno degli esempi di maggior successo è quello della seguitissima pagina dell’NBA, che rimanda a un’applicazione dedicata proprio a questo servizio.
Anche in Italia sono diversi i marchi che iniziano a muoversi, ad esempio Privalia (social e-shop Facebook inaugurato i primi di Giugno) e Volagratis. C’è da scommetterci che proprio in queste ore sanno molti i brand che ragionano sulla strategia migliore per sfruttare questa opportunità.
I dati sull’e-commerce italiano parlano di crescita media di fatturato proveniente dalle vendite online del 15% entro la fine dell’anno. La cultura del social e-commerce sembra avere terreno fertile, dunque. Occorrerà lavorarci nel pieno rispetto dello spirito di apertura verso il potenziale cliente, che diventerà anche in questo ambito, obbligatoriamente, un interlocutore e non solo un target passivo.
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Riporto di seguito un mio post apparso sul blog Innovation Cloud, una riflessione sui passi e le novità che riguardano l'evoluzione dell'e-commerce in ambito social.
Quando si parla di Facebook, si parla quasi sempre di entertainment. Anche i risvolti business che riguardano la presenza dei brand nel primo social network della terra (il secondo sito più visitato dopo Google) rimandano quasi sempre ad esperienze legate al gioco o a contenuti stringati che informano sinteticamente su un marchio o un prodotto-servizo offerto.
A questa premessa vanno associate le abitudini di navigazione degli utenti rilevate nell’ultimo anno. Queste hanno premiato le iniziative (applicazioni, concorsi, approfondimenti, link vari a immagini e contenuti multimediali) che permettevano all’utente di continuare il proprio surfing restando all’interno del social network, un ambiente “familiare”, dove l’user ha il conforto di due elementi fondamentali:
"E che ci vuole? Me lo faccio da solo, il social media marketing". Spesso parto da frasi fatte, luoghi comuni con i quali abbiamo a che fare in maniera più o meno indiretta nel corso delle nostre attività di consulenza di comunicazione. Quello del social media marketing improvvisato, o per lo meno, poco strutturato, è uno di questi.
Conseguenza? Il Flop totale, spesso. L'investimento senza "ritorno", quasi sempre.
Ho sempre pensato che, con la giusta consapevolezza e l'esercizio di spirito critico, dai cattivi esempi si possano trarre spesso insegnamenti validi almeno quanto quelli legati a casi di successo. A volte anche qualcuno in più, utile a tenerci con i piedi per terra nel momento in cui si aspira a un risultato e lo si immagina più vicino di quello che è e a stimolare un mix che sia davvero efficace di creatività e approccio scientifico.
Ecco dunque che insieme al team R&D di Connexia abbiamo raccolto in rete una serie di Bad Practice da cui partire per una serie di riflessioni:
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